Che cosa succede esattamente durante il nostro teambuilding musicale? Riportiamo le parole appassionate di Silvia Ballante – Direttore editoriale di Trilud – che ha partecipato al nostro educational:

“Sono contenta di parlarvi di un evento a cui ho partecipato: unico, divertente e veramente indimenticabile. Ve lo racconto passo passo. Mio marito, in qualità di sales manager della sua azienda, ad inizio aprile è stato invitato a un misterioso evento, apparentemente legato al suo business. Misterioso in quanto non gli viene spiegato nulla di quanto succederà durante la serata. Lecito supporre che il meccanismo sia il solito: ci si incontra in un bel posto, si beve del vino chiacchierando per lo più con sconosciuti e cercando di intessere promettenti relazioni, si assaggia qualche stuzzichino. Il sales manager di cui sopra, in qualità di marito, la mattina stessa dell’evento chiede a me di accompagnarlo, ma giusto per non andare da solo. Realizzando di non essermi lavata i capelli e di non avere ovviamente niente da mettermi, mi lamento un po’ dello scarso preavviso, ma accetto di accompagnarlo. “Ci vediamo alle 18,30, andiamo in taxi”. Arriviamo alle 19 circa in una location che ci pare quella dove girano Masterchef. Lo è veramente, ma lo scopriremo dopo. Lasciamo le giacche, compiliamo un foglio che ha tutto l’aspetto di una liberatoria (“Vi filmeremo, per questo”. E perché? Oddio!) e saliamo al piano di sopra. Tutto secondo previsione: c’è il prosecco, un po’ di sound in sottofondo, uno spazio fumatori all’esterno, un centinaio di persone che si guarda in giro tra il timido e lo speranzoso. Non c’è niente da mangiare, ma son le 19,30, magari dopo (vi rivelo già che a fine serata un ottimo buffet ha soddisfatto tutti, sia per qualità che per quantità).

E’ verso le 20 che tutto diventa stra-ordinario. Veniamo invitati a disporci a semicerchio intorno a una piccola band che canta e suona dal vivo September degli Earth, Wind and Fire. Innegabilmente bravissimi e coinvolgenti, ma non vi nascondo che il mio pensiero in quel momento è stato: mica faranno un concerto intero? Tenendoci qua in piedi e affamati? (Momento verità: vi confesso che la musica non rientra tra le mie grandi passioni, non conosco quasi nessuna canzone a memoria, il mio contributo alle rade, per me pallosissime serate con chitarra è fare du-du-du ai ritornelli. Non mi ricordo nessuna sigla dei cartoni animati, nemmeno Heidi. Sono una brutta persona, lo so). Timori in ogni caso subito dissipati: finita la performance, ci invitano ad avvicinarci all’orchestra. “Di più, di più”. Siamo in cerchio intorno alla band.

Ci comunicano che, tempo un paio d’ore, saremo in grado di cantare una canzone tutti insieme. Non sono una persona timida, ma vi assicuro che una certa apprensione l’ho provata. E anche un po’ di scetticismo. Ci distribuiscono un foglio con il testo di una canzone gospel (I’m a believer), ci dividono in maschi e femmine. Poi dividono le donne in “chi canta normale” e “chi canta come Whitney Houston”. Io non so cosa scegliere, ma certo “I will always love you” non m’è mai venuta come a lei (du-du-du). Quindi mi metto tra quelle normali, ben consapevole dei miei limiti: le sub-normali non sono contemplate? E’ esattamente in questo momento che si compie il miracolo: le persone, io compresa, inizialmente un po’ titubanti, guidate, supportate, motivate da quella piccola (poco numerosa) ma grande (per entusiasmo, grinta e simpatia) band, cominciano a sciogliersi, a sentire il pezzo, a imparare le intonazioni, e DAVVERO, nel giro di, ma che due ore, ne è bastata una, beh… sono pronte a cantare tutta la canzone e soprattutto, veramente desiderose di farlo!

Ma non basta: alla performance completa serve una coreografia. Pensate che sia stato difficile, a questo punto, chiedere alla gente di allentare le cravatte, mollare le borse, allargare le braccia e lasciarsi andare? Neanche per sogno! Tutti lì a ballare e scatenarsi, senza alcun freno. Tutti più amici, tutti più uniti. Bellissimo! Considerate che noi eravamo praticamente tutti estranei, ma una cosa del genere ha secondo me un così grande valore coesivo che la consiglio a tutti quelli che, alla ricerca di attività aziendali ricreative, vogliano ricostruire il proprio gruppo attorno a una serie di valori condivisi.

Questa è l’attività di team building perfetta: altro che rafting, o spararsi con la vernice!”

Ecco l’articolo completo redatto da Silvia per Nanopress.it

Grazie ancora!

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